la prima parte dell’articolo relativa al liuto lungo lo puoi trovare QUI
La seconda parte dove si parla del colascione lo trovi QUI
Proseguiamo la nostra esposizione descrivendo il liuto Corto: ancora i Persiani ci tramandano le prime iconografie del L. corto e quindi di uno strumento con il manico più corto della cassa. In seguito la cassa da circolare divento piriforme, si appesantì fino a fondersi interamente con il manico. Abbiamo dunque esempi di Liuto corto in estremo oriente: in Cina il suang-k’in, in Giappone il genkwan o sigen. Anche l’India conta venerabili testimonianze in rilievi del Kashmir nello stile che fu detto di Gandhara una zona che subì forti influenze ellenistiche. L’Iran, ad es., costruisce Liuti corti intagliati in un sol pezzo di legno e, ancora nel Medio Oriente, incomincia ad apparire il cavigliere piegato all’indietro.
Il Liuto Arabo o “Ud” che come detto precedentemente significa legno denuncerebbe la pratica di indicare lo strumento con il materiale con cui è costituito, ma Sachs si oppone a questa considerazione vedendo nel termine un’allusione al bastone flessibile , richiamandosi al concetto secondo il quale il Liuto sarebbe derivato dall’arco musicale. Una simile correlazione la si può accettare con il mesopotamico pan-tur, dove il bastone forse può far pensare ad un’allusione al manico dello strumento. Il termine Ud giunse comunque in Europa tramite la Spagna creando la nostra parola Liuto. La più antica testimonianza iconografica del Liuto europeo è in un avorio eseguito a Cordova, intorno al 968 e oggi conservato al Louvre Un’altra fonte ci è fornita da un salterio tedesco del X sec. che raffigura un « Liuto corto » riprodotto nei dieci esemplari della Bibbia conservata alla Biblioteca di Stato di Stoccarda.
Queste immagini sono molto imperfette e il numero dei piroli, tranne in un caso, non corrisponde mai al numero delle corde. Bisogna però ricordare che la Spagna, con le miniature del X e dell’XI sec. possiede la più ricca documentazione, confermandosi come il paese d’origine della versione europea del Liuto. Dalla Spagna, il Liuto, al seguito dei Mori, si introdusse in Sicilia e a poco a poco si innervò con sempre maggiore autorità nella vita musicale. Durante il XIV sec. il Liuto veniva pizzicato con un plettro di penna, il numero di cori (corde doppie) era di quattro, ed il manico, lungo più della cassa, non presentava tasti. Durante il XV sec. il manico venne provvisto di tasti, dapprincipio quattro, gradualmente portati a otto, una quinta coppia di corde venne aggiunta al soprano. I cori sono dunque 5, raddoppiate all’unisono le prime 4 e semplice la quinta (cantino). La distanza di quarta tra la prima e la seconda corda, e di terza maggiore tra la seconda e la terza, per riprendere poi l’intervallo di quarta, sono caratteristiche che impiantano la classica armatura cordale dello strumento. Attorno al 1500 l’ulteriore aggiunta di una sesta coppia al basso riportava la simmetria dell’accordatura che era stata tipica del liuto medievale, con l’intervallo di terza collocato al centro dello strumento, dunque il modello Rinascimentale, a sei cori, il primo coro un cantino semplice, il secondo terzo e quarto raddoppiato all’unisono il quinto e sesto doppio all’ottava. L’accordatura in ottava dei cori era resa possibile, per i suoni gravi, dall’utilizzo di corde di budello, l’eccessivo diametro delle corde precludeva la produzione di armonici acute ecco perché veniva raddoppiata con un’altra corda, rivestita in argento con l’anima in seta, accordata all’ottava. Il profilo estetico dello strumento acquistò la sua fisionomia definitiva intorno al 1500; da allora esso ebbe l’elegante forma a mandorla e la cassa meno profonda. Le sottili doghe , da nove a trentatré, che componevano la cassa erano a volte di legno esotico: ebano, palissandro del Brasile, sandalo, cipresso, o d’avorio e pure di osso di balena, e separate spesso l’un l’altra da delicati filetti.
È qui che cominciava ad affermarsi l’impiego delle dita nude, ed entrambi i modi di esecuzione sono menzionati da Tinctoris (ca. 1480).
La sostituzione delle dita nude al plettro segnò il passaggio dalla prassi monodica a quella polifonica e, contemporaneamente, l’affermazione del Liuto come strumento solista; lo stesso Tinctoris riferisce, con ammirazione, di esecuzione liutistiche a 2, 3 o anche 4 parti. Il Liuto aveva una vera e propria famiglia di in grado di formare un vero consort con liuti di quattro taglie differenti: il soprano, contralto, tenore e basso. Questi strumenti si differivano tra di loro per la grandezza l’accordatura e la lunghezza delle corde. Con il passare del tempo, e con l’accrescere di esigenze musicali, dettate sempre da una maggiore produzione di letteratura per Liuto solo, lo strumento nel periodo tardo rinascimentale raggiunse il numero di 11 cori.
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